12 aprile 2007
08 marzo 2007
COMPRARE L' OPPIO?
Un ordine del giorno dell’ Unione sul decreto legge sulle missioni militari cita: “Il governo italiano sosterrà nelle sedi internazionali competenti ogni iniziativa tesa ad individuare un’ efficace strategia di contrasto alla coltivazione e al commercio illegali di oppio, anche attraverso eventuali programmi di riconversione delle colture illecite di oppio in Afghanistan in colture legali ai fini dell’ utilizzazione dell’ oppio medesimo per le terapie del dolore”. Il ministro degli esteri D’ Alema si è dichiarato disponibile a prendere in esame l’ordine del giorno in questione in quanto il provvedimento permetterebbe da una parte di sottrarre questo oppio ai mercati dell’eroina, dall’altra di sostenere la poverissima popolazione afgana. Peccato che la proposta fosse già stata presentata e già bocciata dall’United Nations Office on Drugs and Crime (Undoc) che ha considerato questa eventualità come irrealistica, in quanto dal punto di vista economico, non converrebbe alle popolazioni afgane vendere il proprio oppio alle industrie farmaceutiche. Le stesse infatti pagherebbero (si stima) 5/6 volte in meno rispetto ai narcotrafficanti: oppio ai fini terapeutici costa 25-30 dollari al chilo, quello che finisce nel mercato illegale viene venduto a 130 dollari al chilo. In più, sempre ad avviso del direttore Antonio Maria Costa dell’Undoc:
“Il raccolto di oppio nel 2006 in Afghanistan è stato pari a tre volte il fabbisogno mondiale di morfina: la produzione di oppio in Afghanistan in un anno servirebbe il fabbisogno mondiale di morfina e farmaci-antidolore di un lustro”.
Non è quindi possibile trovare un’ effettiva operatività nella richiesta di Verdi, Prc e Rnp in quanto nè l’ acquisto di oppio una tantum porterebbe alcun beneficio effettivo, né tanto meno una compravendita annuale, dato che l’ oppio Afgano verrebbe smaltito in decenni.
La proposta di Rifondazione è da considerarsi ragionevole unicamente da un punto di vista umanitario ma totalmente insufficiente se considerata una valida alternativa per il sostentamento delle popolazioni autoctone, in quanto a livello mondiale, non c’è carenza di offerta di materia prima.